
18 Mag Una boccata Dell’Aria fresca, non un’ora d’aria
In queste ore le vie di Milano sono solcate, contemporaneamente, dal corteo delle c.d. ultra-destre e da numerose manifestazioni di dissenso, sia organizzate, sia – soprattutto – spontanee, che esprimono la loro aperta contrarietà alle opinioni e alle politiche portate avanti dal gruppo capitanato da Matteo Salvini.
Una tale dialettica politica, anche aspra, è il salutare nerbo della democrazia ed è in qualche modo significativo che uno dei teatri dove questo confronto è meglio rappresentato sia Milano, non a caso città Medaglia d’oro alla Resistenza.
Tuttavia, la giornata di oggi è stata preceduta da una serie di piccoli accadimenti che paiono altamente sintomatici del clima pesante maturato nel Paese e che colpiscono soprattutto per un aspetto, vale a dire la solerzia di certi apparati amministrativi che agiscono con estremo zelo ma incuranti delle libertà del singolo cittadino, le quali viceversa dovrebbero essere la vera finalità di una democrazia moderna.
Il riferimento è alla rimozione, da un balcone privato di una casa di Brembate, dove stava per arrivare il ministro dell’Interno atteso ad un comizio elettorale, di un telo recante la scritta “non sei benvenuto“, incredibilmente giudicata pericolosa per la sicurezza pubblica e per questo oggetto di un ordine questorile impartito ai vigili del fuoco, che si sono precipitati a disinnescare la bomba di stoffa, social-mediaticamente immortalati in immagini che paiono tratte da certe sequenze felliniane di Amarcord.
Oppure la vicenda – tanto grottesca quanto drammatica – della sospensione dal servizio comminata a una veterana insegnante di italiano di Palermo, colpevole di non aver vigilato sui contenuti di un lavoro multimediale realizzato dai suoi studenti a margine della giornata della Memoria, nel quale si mettevano a confronto le leggi razziali col decreto sicurezza, evidenziando – anche con efficacia iconografica – il tragico riproporsi della sofferenza nella condizione umana.
Oltre che per il merito – pure meritevole di amplissime riflessioni, che saranno probabilmente sviluppate in parlamento, a seguito di specifica interrogazione – il caso sorprende per come è montato: l’indignato post di un qualunque militante di estrema destra ha attirato l’attenzione di un sottosegretario del governo, che ha sollecitato l’intervento del provveditorato locale, inesorabile esecutore di un’istruttoria che ha prodotto l’esito disciplinare in questione, col contemporaneo e parossistico interessamento della Digos.
In entrambi i casi ricordati, sembra che l’amministrazione abbia ritenuto di dover compiacere gli attuali governanti, andando forse oltre i loro stessi desideri, senza minimamente curarsi di irridere alcune libertà fondamentali come quella di manifestazione del pensiero o di insegnamento.
Nella nazione che, solo una manciata di anni fa, ha consentito i fatti di Genova nei giorni del G8 – in occasione dei quali si sono consumate clamorose violazioni dei diritti fondamentali dei cittadini, definitivamente sancite in tutte le possibili sedi giurisdizionali – non può mai calare l’attenzione su simili forme di utilizzo del potere, che fatalmente incidono sulla vita concreta degli individui comuni.
Per quanto estemporanee e non rappresentative del sentire diffuso nell’intera macchina pubblica, infatti, esse devono essere sempre stigmatizzate, affinché i cittadini restino tali e non si scoprano improvvisamente servi.